Da quando pratico questo meraviglioso “sport”, una delle difficoltà di valutazione maggiori che ho riscontrato è quella relativa alla qualità del cielo e del suo livello di inquinamento luminoso.
La presenza di astrofili esperti, durante le sessioni osservative, se da una parte mi ha aiutato ad apprendere trucchi e malizie per avere un giudizio il meno soggettivo possibile, dall’altra ha posto in evidenza il “limite” proprio della soggettività per avere un riscontro il più uniforme possibile.
Possiamo stimare una magnitudine visuale contando le stelle in determinate porzioni di cielo, o cercare alcune stelle di riferimento con magnitudine nota, ma certo è che la vista dell’osservatore, il suo adattamento al buio, oltre che altre variabili, di natura più prettamente metereologica, fanno la loro parte. Durante la nottata nascono così, all’interno del gruppo d'osservazione, vere e proprie discussioni riguardo le diverse valutazioni del seeing, della trasparenza o della qualità del fondo cielo. Fortunatamente in nostro aiuto è arrivata un'azienda Canadese: la Unihedron, che ha applicato il principio degli esposimetri fotografici ad un sensore CCD, dotato di filtro IR-cut, per leggere, con precisione “scientifica”, la luminosità del cielo notturno: lo Sky Quality Meter. Questo “gingillo” astronomico si presenta come una solida scatoletta in plastica nera (poco più grande di un pacchetto di sigarette) alimentata da una batteria a 9V; è caratterizzato da un display a led rossi, un pulsantino (entrambe posizionati sul fronte), ed un “lettore-CCD” rivolto verso l’alto; il suo funzionamento è semplicissimo: basta puntare una porzione di cielo, premere il pulsante di start ed in pochi secondi, dopo una serie di segnali acustici, il display renderà la sua misura in unità di "magnitudine per arco secondo quadrato", più è alto il valore reso dall’SQM più il cielo è buio. Fin dalle prime misurazioni noterete che tanto più il cielo è inquinato e poco buio tanto più velocemente comparirà il valore misurato della qualità del cielo . Le versioni in commercio sono due: lo SQM e lo SQM-L (dove la L sta per lens - lente -) e che si differenziano per la porzione di cielo "letta" per rilevare la misurazione; l’SQM “normale” abbraccia una zona di cielo pari a circa 84° di diametro, mentre la versione “L” è dotata di una lente che restringe il campo a soli ≈20° permettendo la lettura di porzioni più ristrette di cielo. Ad ora non ho avuto modo di testarlo se non attorno a casa mia, ottenendo misurazioni allo zenith di 19.85 mags/arsec², con cielo leggermente velato (con totale copertura la mag/arcsec² si fermava a 18.25) e in assenza di Luna, valore che può essere convertito in “magnitudine visuale limite” pari a circa 5,39, sul sito della Unihedron, tramite un apposito form nella sezione “Detail”. A proposito di ciò il sito della casa Canadese offre diverse utility per l’utilizzo dello SQM e articoli sulla valutazione della qualità del cielo: oltre al citato form (che permette altri tipi di conversioni), c’è la possibilità di registrarsi e caricare le proprie misurazioni, che vengono poi raccolte in un database visualizzabile dai visitatori online.
Conclusioni: pur presentandosi, forse a causa dell’estrema facilità d’uso, come un accessorio a prima vista “superfluo” trovo invece che lo SQM sia un ottimo sistema per una valutazione oggettiva della qualità del fondo cielo, che permette di confrontare le diverse postazioni e località da cui osserviamo valutandone velocemente l’effettiva bontà. Offre, in questo modo, numerosi spunti di riflessione sull’osservazione visuale (e astrofotografia) in base alle misurazioni eseguite senza contare che in pochi secondi potrà confermare se la nottata sarà utile per il deep più estremo a caccia di oggetti deboli o se dovrete accontentarvi di un’osservazione meno spinta. Si possono anche confrontare e relazionare i valori resi con altri sistemi di misurazione qualitativa come la scala di Bortle o più semplicemente verificare come cambia la qualità del vostro cielo nel tempo controllando gli effetti dell’IL.La presenza di astrofili esperti, durante le sessioni osservative, se da una parte mi ha aiutato ad apprendere trucchi e malizie per avere un giudizio il meno soggettivo possibile, dall’altra ha posto in evidenza il “limite” proprio della soggettività per avere un riscontro il più uniforme possibile.
Possiamo stimare una magnitudine visuale contando le stelle in determinate porzioni di cielo, o cercare alcune stelle di riferimento con magnitudine nota, ma certo è che la vista dell’osservatore, il suo adattamento al buio, oltre che altre variabili, di natura più prettamente metereologica, fanno la loro parte. Durante la nottata nascono così, all’interno del gruppo d'osservazione, vere e proprie discussioni riguardo le diverse valutazioni del seeing, della trasparenza o della qualità del fondo cielo. Fortunatamente in nostro aiuto è arrivata un'azienda Canadese: la Unihedron, che ha applicato il principio degli esposimetri fotografici ad un sensore CCD, dotato di filtro IR-cut, per leggere, con precisione “scientifica”, la luminosità del cielo notturno: lo Sky Quality Meter. Questo “gingillo” astronomico si presenta come una solida scatoletta in plastica nera (poco più grande di un pacchetto di sigarette) alimentata da una batteria a 9V; è caratterizzato da un display a led rossi, un pulsantino (entrambe posizionati sul fronte), ed un “lettore-CCD” rivolto verso l’alto; il suo funzionamento è semplicissimo: basta puntare una porzione di cielo, premere il pulsante di start ed in pochi secondi, dopo una serie di segnali acustici, il display renderà la sua misura in unità di "magnitudine per arco secondo quadrato", più è alto il valore reso dall’SQM più il cielo è buio. Fin dalle prime misurazioni noterete che tanto più il cielo è inquinato e poco buio tanto più velocemente comparirà il valore misurato della qualità del cielo . Le versioni in commercio sono due: lo SQM e lo SQM-L (dove la L sta per lens - lente -) e che si differenziano per la porzione di cielo "letta" per rilevare la misurazione; l’SQM “normale” abbraccia una zona di cielo pari a circa 84° di diametro, mentre la versione “L” è dotata di una lente che restringe il campo a soli ≈20° permettendo la lettura di porzioni più ristrette di cielo. Ad ora non ho avuto modo di testarlo se non attorno a casa mia, ottenendo misurazioni allo zenith di 19.85 mags/arsec², con cielo leggermente velato (con totale copertura la mag/arcsec² si fermava a 18.25) e in assenza di Luna, valore che può essere convertito in “magnitudine visuale limite” pari a circa 5,39, sul sito della Unihedron, tramite un apposito form nella sezione “Detail”. A proposito di ciò il sito della casa Canadese offre diverse utility per l’utilizzo dello SQM e articoli sulla valutazione della qualità del cielo: oltre al citato form (che permette altri tipi di conversioni), c’è la possibilità di registrarsi e caricare le proprie misurazioni, che vengono poi raccolte in un database visualizzabile dai visitatori online.
Lo Sky Quality Meter oltre a soddisfare le curosità dell’astrofilo può essere un vero e proprio strumento di misurazione scientifica!